Taj Mahal 2006
Il Taj Mahal, "una lacrima di marmo ferma sulla guancia del tempo".
Rabindranath Tagore
Una storia d'amore.
L'imperatore Gran Mogol Shah Jahan regnava nel XVII secolo nell'India, al suo fianco era sempre accompagnato dall'amatissima moglie Mumtaz Mahal, il cui nome in persiano significa "luce del palazzo" che era anche sua consigliera e lo seguiva durante le campagne militari. Mumtaz era una donna bellissima e di grandissime virtù morali, venne per questo celebrata da artisti e poeti dell'epoca. Amatissima dal marito lo ricambiava con lo stesso amore incondizionato.
Dal loro amore nacquero quattordici figli, alcuni dei quali morti giovanissimi. Mumtaz morì di parto dando alla luce il quattordicesimo figlio. In punto di morte Mumtaz chiese al marito di costruire per lei un monumento che fosse simbolo del loro grande amore e gli chiese di non sposarsi più.
L'imperatore, disperato, giurò solennemente e si dice che rimase per un intero anno senza farsi vedere chiuso nel suo dolore. Quando riapparve in pubblico aveva il volto scavato e i capelli completamente bianchi, quasi che il suo corpo fosse stato corroso dalle lacrime di dolore per la morte della sua amata.
Shah Jahan mantenne la promessa e diede inizio ai lavori di quello che è il più bel monumento del mondo dedicato ad una storia d'amore.
Per la sua costruzione lavorarono 20.000 persone per oltre 20 anni. I materiali vennero importati non solo dall'India, ma da ogni parte dell'Asia: il marmo bianco dal Rajasthan, il diaspro dal Punjab, il cristallo e la giada dalla Cina, i lapislazzuli dall'Afghanistan, i turchesi dal Tibet, la corniola dall'Arabia e gli zaffiri dallo Sri Lanka. Per trasportare i materiali più pesanti si fece uso di 1000 elefanti.
Le pietre preziose e semi preziose che vennero incastonate nel marmo hanno un valore di 32 milioni di rupie.
Terminata la costruzione Shah Jahan si ammalò gravemente e iniziò una lotta fratricida per la successione al trono. Shah Jahan venne deposto e imprigionato nel forte rosso da uno dei suoi figli.
Dalle finestre della sua prigione si dice che guardasse ogni giorno il Taj Mahal, simbolo del suo amore per Mumtaz Mahal finché non morì nel 1666.